La Vitamina D, nell’epoca della sua scoperta, venne chiamata “vitamina della luce solare”in onore al fatto che in passato, prima dell’avvento degli antibiotici, la cura con il sole era l’unico metodo in grado di fronteggiare la tubercolosi. Anche se non era stato ben capito il meccanismo d’azione, a livello scientifico veniva già evidenziato che i pazienti che venivano internati in strutture ospedaliere localizzate in ambienti soleggiati, guarivano con maggiori probabilità.
Successivamente fu scoperto che il medesimo “trattamento solare” aveva effetti benefici non soltanto sulla tubercolosi, ma anche su un’altra grave malattia dell’epoca industriale denominata rachitismo, la quale è caratterizzata da notevoli deformità alle ossa dei bambini a causa della mancata trasformazione rigida dell’osso.
Dal secolo scorso ad oggi, le ricerche su questa “amina vitale” hanno individuato molti altri importanti benefici che la rendono la Vitamina D indispensabile non soltanto alla regolazione dei livelli di calcio e fosfato organici, ma anche riguardo altre particolari funzioni vitali, sconosciute fino a pochi anni fa, che spaziano dall’apparato endocrino a quello muscolare, dalla neurologia fino alla cardiologia(1).
In questo elaborato verranno trattati i benefici della Vitamina D riguardo alla salute dell’ultrastruttura miocardica e della sua corretta funzione.
Cenni fisiologici sulla vitamina D
La Vitamina D è un seco-steroide conosciuto nelle sue due forme più note:
- Vitamina D2 (Ergocalciferolo)
- Vitamina D3 (Colecalciferolo)
Il Colecalciferolo, la forma che ha maggiore rilevanza clinica, pur essendo presente in alcuni alimenti, viene per la maggior parte sintetizzata livello cutaneo in seguito ad esposizione ai raggi UVB.
La reazione di fotolisi ha come substrato il 7-deidrocolesterolo dal quale si forma la pre- vitamina, genera la Pre-vitamina D3, la quale, si trasforma lentamente in circa 48 ore in Vitamina D3 (Colecalciferolo) attraverso un processo non enzimatico. Per quanto riguarda invece la Vitamina di provenienza alimentare, il suo assorbimento avviene a livello del duodeno, dove successivamente viene trasferita al sistema linfatico tramite l’intervento dei chilomicroni. Sia la vitamina sintetizzata che quella assorbita, una volta nel sangue, vengono trasportate da una specifica “proteina carrier” che rende la Vitamina D pronta ad essere metabolizzata oppure per essere stoccata a livello del tessuto adiposo.
E’ importante precisare che la Vitamina D, nella forma in cui è, non è in grado di funzionare, infatti necessita di essere sottoposta a due reazioni di idrossilazione per essere trasformata nella sua forma biologicamente attiva, il Calcitriolo.
Le tre funzioni “tradizionalmente” descritte come principali del Calcitriolo sono:
- lo stimolo a livello intestinale dell’assorbimento di calcio e fosfato;
- lo stimolo a livello osseo del riassorbimento osteoclasto;
- lo stimolo a livello del tubulo renale per il riassorbimento del calcio.
Nell’ultimo decennio però si è sviluppato un interessante filone di ricerca che attribuisce alla Vitamina D una lunga serie di altre funzioni piuttosto differenti dal semplice ruolo di controllore dell’omeostasi calcica e fosforica; tale molecola è infatti implicata in una serie di processi importanti, tra cui la funzione cardiovascolare.
Carenza di vitamina D: dati epidemiologici e fattori associati
Se si consultano i risultati delle più attendibili indagini epidemiologiche effettuate a livello internazionale, si può notare che nella maggioranza di queste è stata documentata una considerevole prevalenze di ipovitaminosi D, la quale risulta essere, per il mondo intero, “un rilevante problema di salute pubblica”. Se si considera nello specifico la situazione italiana, si può notare che l’alimentazione tipica fornisce in media un decimo del fabbisogno giornaliero, per cui quando l’esposizione solare risulta essere virtualmente assente, dovrebbero essere garantite supplementazioni per quasi l’intero fabbisogno. E’ inoltre importante precisare che, per il momento, la legge italiana non prevede l’utilizzo dei cosiddetti “alimenti potenziati” per sopperire a questa notevole mancanza (1–3).
Altro importante particolare è che tale deficit di Vitamina D risulta essere particolarmente frequente all’interno della popolazione geriatrica a causa della ridotta capacità della loro cute di effettuare la fisiologica reazione di fotolisi necessaria ad avviare la produzione endogena di quest’importante molecola. Poiché l’80% circa del fabbisogno di Vitamina D viene soddisfatto mediante l’irradiazione solare, si evince che la stagione invernale può diventare ancora più problematica, soprattutto per quelle categorie di persone che per vari motivi non sono in grado di poter passare molto tempo all’aria aperta durante le ore diurne (4-5).
Studi multicentrici europei hanno infine sorprendentemente documentato che la prevalenza di questa malattia è nettamente maggiore nelle popolazioni che vivono nei territori più meridionali del vecchio continente, le quali, malgrado le condizioni climatiche più favorevoli, praticano una dieta povera di Vitamina e, paradossalmente, hanno una più limitata esposizione ai raggi solari rispetto alle popolazioni nordiche (6).
Vitamina D e tessuto miocardio
Come precedentemente accentato, la Vitamina D svolge importanti funzioni a livello cardivascolare: i suoi effetti spaziano dall’attività contrattile vera e propria, fino alla regolazione di diverse funzioni a livello intracellulare.
Numerosi studi hanno dimostrato, sia in vivo che in vitro, uno stretto collegamento tra danno miofibrillare ed ipovitaminosi. Molte problematiche relative al mantenimento dell’ultrastruttura miocardica sembrano essere collegate allo stesso problema. Il fattore ancora più importante da sottolineare dal punto di vista clinico ai fini di questo approfondimento, è che tutte le condizioni sopradescritte, non sembrano essere collegate ad una risposta patologica legata all’ipocalcemia; infatti importanti evidenze sperimentali hanno chiaramente dimostrato che la normalizzazione della calcemia non produce miglioramenti sulla funzione delle cellule miocardiche in presenza di una persistente ipovitaminosi (7).
La carenza di Vitamina D sembra quindi che possa fermamente contribuire a tutti quei meccanismi fisiopatologici attraverso i quali risulterebbe possibile sviluppare un’ipertrofia miocardica; tra le varie azioni ascritte a questa particolare molecola ci possono essere:
- Regolazione dell’attività immunitaria
- Regolazione del metabolismo intracellulare appartenente al ferro
- Notevole contributo nella regolazione di tutti quei processi cellulari che avvengono in situazioni di stress ossidativo e/o ischemia
- Mantenimento delle proteine contrattili Actina e Miosina Controllo della sintesi di collagene
- Regolazione “soppressiva” del sistema Renina-Angiotensina-Aldosterone
- Regolazione “soppressiva” del paratormone, le cui concentrazioni plasmatiche aumentano in maniera inversamente proporzionale (iperparatiroidismo secondario) a quelle della Vitamina D
- Regolazione sul metabolismo del calcio miocardico, tramite l’interazione con specifici recettori espressi sul cuore stesso, responsabile della regolazione sull’attività sistolica e diastolica.
Carenza di vitamina D, arteriosclerosi e cardiopatia ischemica
In virtù di quanto detto, la Vitamina D può essere coinvolta nello sviluppo dell’arteriosclerosi e della malattia dell’albero coronarico dell’uomo. Studi clinici hanno documentato una stretta correlazione inversa tra livelli ematici di Vitamina D e calcificazioni arteriosclerotiche dei vasi coronarici, confermando quindi l’ipotesi che i processi che generano e sviluppano quest’ultime sono regolati da vie metaboliche comuni a quelle dell’osteogenesi scheletrica (12-13).
La carenza di Vitamina D può inoltre essere responsabile dei fenomeni di ischemia miocardica attraverso la sua fisiologica capacità di regolazione sul sistema renina-angiotensina- aldosterone. Il conseguente aumento della pressione arteriosa può infatti favorire la comparsa di possibili ipertrofie e/o fibrosi miocardiche, le quali vanno notevolmente ad aumentare la probabilità di manifestazioni ischemiche a causa delle forti pressioni che si vanno a creare sulla parete del cuore stesso (10).
Carenza di vitamina D e scompenso cardiaco
Gli effetti soppressivi sul sistema renina-angiotensina-aldosterone e gli effetti sul metabolismo del calcio imputabili alla Vitamina D, possono essere considerate delle vere e proprie proprietà antipertensive attraverso le quali è possibile preservare la geometria e la funzione ventricolare sinistra, nonché rallentare la progressione verso lo scompenso cardiaco (14-15).
Ad avallare l’attività antipertensiva appartenente alla vitamina D, vi sono le esperienze di Krause et al (16), hanno dimostrato la stretta associazione tra l’aumento dei livelli sierici di questa molecola, indotti rispettivamente dall’aumentata esposizione solare controllata e dalla somministrazione orale di Vitamina D2(100000UI), e la riduzione significativa dei valori pressori arteriosi sistolici e diastolici.
E’ inoltre importante prendere in considerazione, tra i vari fattori contribuenti alla situazione di scompenso cardiaco, anche la forte proprietà immunostimolante di questa “ammina vitale”; in situazioni di ipovitaminosi, l’immunodeficienza conseguente va a creare delle attivazioni appartenenti al sistema delle citochine infiammatorie collegate al sistema cardiovascolare (elevati livelli ematici di PCR e IL-10), che rischiano di andare conseguentemente ad aumentare la predisposizione al manifestarsi delle varie infezioni respiratorie stagionali (17-18).
Carenza di vitamina D e scompenso cardiaco cronico
E’ noto già da molti anni che tra i pazienti affetti da scompenso cardiaco cronico vi sia un’elevata presenza di soggetti deficitari in Vitamina D, dove, all’interno di alcune casistiche, si parla di valori vicini al 90% delle persone esaminate (19–21).
Sia per cause ambientali che comportamentali ben definite (ridotta propensione all’esposizione ai raggi solari, vacanze molto corte o assenti, vita sedentaria, etc), le persone con scompenso cardiaco cronico sono particolarmente predisposte a sviluppare un deficit di questa molecola, con conseguenti valori sierici notevolmente inferiori rispetto agli standard richiesti. Inoltre, come precedentemente citato, l’iperparatiroidismo secondario che si verifica in risposta ai bassi livelli di Vitamina D, il quale va conseguentemente ad agire sui valori di pressione arteriosa media, va indirettamente ad aumentare il rischio mortalità e morbilità (11).
Fino ad oggi però non sono mai stati condotti degli studi clinici che abbiano verificato gli effetti della somministrazione di Vitamina D sulla funzione ventricolare sinistra in pazienti con scompenso cardiaco. Le evidenze di efficacia di tale approccio terapeutico sono limitate a casi aneddotici riportati in letteratura, all’interno dei quali è stata documentata una risoluzione della patologia cardiaca (cardiomiopatia dilatativa associata a carenza di Vitamina D ed ipocalcemia) sia in soggetti adulti che in bambini affetti da rachitismo (22-23).
Conclusioni sulla vitamina D e la salute cardiovascolare
Quanto descritto evidenzia la correlazione tra una corretta funzionalità miocardica e l’importanza del mantenimento di livelli sierici di Vitamina D all’interno degli standard previsti. Tuttavia, ad oggi, mancano le evidenze scientifiche sull’efficacia di un trattamento farmacologico con Vitamina D sulle popolazioni di pazienti con scompenso cardiaco. Esistono tuttavia una lunga serie di prove che descrivono i molteplici effetti positivi di questa molecola sul muscolo cardiaco, e che una sua carenza può essere di per se causa di disfunzione miocardica.
Dal punto di vista speculativo sarebbe inoltre interessante studiare gli effetti della supplementazione in soggetti con disfunzione cardiaca in fase asintomatica, oppure, addirittura, in pazienti ad alto rischio di sviluppo di disfunzione cardiaca ( obesi, diabetici, ipertesi con ipertrofia ventricolare sinistra) per comprendere meglio quali potrebbero essere i tempi e le modalità di sviluppo di tale danno.
Per il momento l’unica raccomandazione da farsi è quella di imparare ad assicurarsi e mantenere tutta una serie di regole alimentari e abitudinarie, atte a garantire il corretto fabbisogno di quest’importante molecola.
Supplementazione di vitamina D
Il fabbisogno di vitamina D varia da 1.500 UI/die (adulti sani) a 2.300 UI/die (anziani con basso apporto di calcio nella dieta). In Italia l’alimentazione fornisce mediamente 300UI/die. Quando l’esposizione al sole è carente o assente si consiglia (linee guida) d’integrare 1.200-2000 UI/die.
Articolo del Dottor Marrico Maurelli
Laureato con lode in Scienze motorie, lavora da anni nell’ambito delle attività di riabilitazione e riatletizzazione motoria e come Persona Trainer.
Mail: marrico.maurelli@gmail.com
Fonte: http://www.projectinvictus.it
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